Si è sempre ritenuto che nel Settecento a Napoli, la musica fosse prevalentemente a servizio dell’Opera, sia buffa che seria. Non è così, infatti, dalle ricerche condotte dall’Istituto Domenico Scarlatti sulla produzione arti-stica degli autori napoletani del Settecento, la quantità ma soprattutto la qualità rinvenuta nelle biblioteche di tutto il Mondo di musica strumentale solistica, in piccole formazioni; Trio, Quartet-to e orchestrale, nonchè di musica sacra; Oratori, Mottetti, Messe, Requiem, Stabat ed altro, ci induce ad affermare che la Scuola Napoletana, in questo periodo, eccelleva in tutti i generi tanto da indurre a studio e riflessione anche i musicisti teutonici. Adesso la questione è solo: dove posso avere più speranza di emergere? Forse in Italia, dove solo a Napoli ci sono sicuramente 300 Maestri e dove in tutt’Italia i Maestri per lo più hanno già in mano la scrittura per due anni da parte di teatri che pagano bene? O a Parigi, dove circa due otre persone scrivono per il teatro e gli altri compositori si possono contare sulle punte delle dita? Questo scriveva Leopold Mozart al figlio il 23 febbraio del 1778. La lettera di Leopold sottolinea il grande fermento musicale nella Napoli settecentesca e l’enorme produzione di musica che ne scaturiva. Ovviamente, la musica non può prescindere dal luogo in cui la si pratica.
I luoghi della musica non erano quindi solo gli innumerevoli Teatri presenti a Napoli in questo periodo ma anche le Sale dei nobili Palazzi, a cominciare da quelle delle dimore reali, le Chiese, e gli Oratori nelle quali la compagine della Real Cappella era protagonista assoluta.
In questi luoghi, gli eventi, come rilevato dagli avvisi dell’epoca, si dispiegavano per tutto l’anno equilibrando i momenti liturgici alle occasioni di puro piacere mondano, in una continua succes-sione. La presenza della Cappella Reale in tutti i luoghi significativi della Città era costante e coinvolgen-te, la dimensione teatrale della Capitale Napoli non sfuggiva né agli abitanti della Città né ai visi-tatori stranieri. Tutto questo si realizzava nell’interno degli spazi privati; teatrini di vario genere coperti o scoper-ti i famosi “ciardinielli”, nelle dimore nobiliari e in quelle reali. I viaggiatori erano attratti dalla vivacità musicale di Napoli e dai suoi grandi teatri fatti costruire dal governo in primo luogo il San Carlo, che addirittura strabiliava i visitatori. Non sfuggiva ai sovrani l’importanza della musica ed il controllo che potevano esercitare sul territorio tramite la “Cappella Reale”, vera e propria organizzazione di produzione musicale sacra e profana: feste, balli, opere, accademie al servizio del Re o Viceré di turno. Il periodo a cui si fa riferimento va dalla fine del 1600, con Francesco Provenzale, Alessandro Scarlatti, all’inizio del 1800, con Giovanni Paisiello, Gaetano Andreozzi Tommaso Traetta, Antonio Zingarelli. I luoghi sono stati individuati grazie a documenti che vi rilevano rappresentazioni musicali di autori della Scuola Napoletana.
Palazzo Reale di Napoli
Teatro di Corte
Salone d’Ercole
Cappella Palatina
I Giardini Reali
Palazzi Nobiliari
Le sale dei quattro Conservatori
Le Chiese e gli Oratori
L’Oratorio dei Filippini o dei Girolamini
La Chiesa di San Ferdinando
La Cappella del Tesoro di San Gennaro